A New York, la battaglia per garantire diritti e tutele ai lavoratori delle consegne su app si estende ora al settore del grocery, coinvolgendo migliaia di addetti finora esclusi dalle misure di protezione introdotte negli anni scorsi. Lunedì il Consiglio Comunale ha votato un pacchetto di cinque proposte di legge che punta a regolamentare le condizioni di lavoro di chi consegna generi alimentari tramite piattaforme come Instacart e Shipt, fissando per la prima volta un salario minimo orario di 21,44 dollari, equivalente a quello già in vigore per i fattorini dei ristoranti. Il provvedimento obbligherebbe inoltre le aziende a pagare i lavoratori entro sette giorni dalla chiusura del periodo di paga e a rendere disponibili opzioni di mancia di almeno il 10% al momento dell’ordine.
Il tema è diventato centrale per una città dove la consegna a domicilio è diventata un’abitudine quotidiana. Secondo i dati dell’amministrazione, nel solo territorio di New York si contano circa 60.000 fattorini attivi nel settore della ristorazione, ai quali si aggiungono circa 20.000 lavoratori impiegati nelle consegne di generi alimentari. Durante la pandemia di Covid-19, la crescita delle piattaforme di delivery ha garantito continuità ai consumi e nuovi margini di guadagno alle app, ma ha anche messo in evidenza l’assenza di regole chiare per chi lavora in strada: compensi variabili, turni irregolari, rischio di disattivazioni arbitrarie degli account e protezioni minime in caso di incidenti o malattia.
Le leggi attualmente in vigore sono frutto di un percorso iniziato nel 2021, quando New York è diventata la prima grande città americana ad approvare una normativa per fissare un salario minimo per i lavoratori delle consegne su app. Una misura accolta con favore dai sindacati e dalle associazioni dei lavoratori, come Los Deliveristas Unidos, che oggi spingono perché anche i grocery delivery workers, finora esclusi, possano beneficiare delle stesse tutele. «È un passo importante per rendere il lavoro più sicuro e dignitoso», ha dichiarato Ligia Guallpa, una delle fondatrici del Workers Justice Project, organizzazione che supporta da anni i diritti dei lavoratori delle piattaforme.
La proposta di legge, però, non è priva di critiche. Instacart ha espresso preoccupazioni per l’impatto della misura sui prezzi per i consumatori, sottolineando che in un periodo di inflazione elevata potrebbe penalizzare proprio le famiglie che fanno più affidamento sulle consegne a domicilio. Anche Grubhub ha chiesto un dialogo con le istituzioni per «proteggere i lavoratori senza compromettere la flessibilità richiesta dai clienti». In passato, le principali piattaforme – comprese Uber Eats e DoorDash – hanno contestato gli aumenti salariali e posto ostacoli legali all’entrata in vigore delle nuove regole, sostenendo che i dati usati dal Comune per determinare il salario minimo fossero inaccurati. Finora, però, i giudici hanno dato ragione alla città.
L’introduzione di una retribuzione oraria minima rappresenta solo una parte del problema. Secondo molti operatori, il nodo cruciale è il rapporto di dipendenza che si crea tra lavoratore e piattaforma, mancando effettive tutele sindacali e strumenti efficaci di ricorso. «Servirebbe una figura terza che possa intervenire in caso di disattivazioni improvvise», ha spiegato William Medina, membro di Los Deliveristas Unidos, riferendosi alle centinaia di account bloccati senza spiegazioni nei mesi scorsi. Il consigliere comunale Shaun Abreu ha annunciato l’intenzione di proporre una norma che vieti alle app di sospendere gli account senza preavviso o giusta causa.