Di Jessica Tisch e della rivoluzione che sta apportando al dipartimento di polizia di New York ne avevamo già parlato qualche tempo fa. Erede della potente dinastia imprenditoriale dei Tisch, cresciuta tra le mura ovattate dell’Upper East Side e i corridoi di Harvard, guida oggi il più grande dipartimento di polizia degli Stati Uniti. Lo fa con una determinazione che molti definiscono implacabile, in un momento di particolare fragilità per il NYPD, reduce da scandali interni, tre commissari dimissionari in meno di due anni e un contesto urbano segnato da profonde tensioni sociali.
La nomina, voluta dal sindaco Eric Adams, ha suscitato perplessità fin dall’inizio. JessicanTisch, 44 anni, non ha mai indossato una divisa e proviene da un mondo molto lontano dalle strade che oggi è chiamata a sorvegliare. Eppure, nel giro di pochi mesi, ha riorganizzato i vertici del dipartimento, affrontato la sua prima emergenza – la caccia all’uomo accusato dell’omicidio di un dirigente sanitario – e avviato una serie di riforme strutturali, tra cui la creazione delle cosiddette squadre per la «qualità della vita», che si occuperanno di contrastare reati minori come l’accattonaggio aggressivo e il degrado nei trasporti pubblici.
Nonostante i molti dubbi iniziali, Tisch ha costruito la sua credibilità nel tempo, anche grazie a un’esperienza ventennale nella macchina amministrativa della città. Prima ancora della polizia, ha guidato la transizione digitale del Comune, gestendo durante la pandemia i sistemi di tracciamento dei contagi e la campagna vaccinale. Nel 2022 era stata nominata commissaria all’igiene urbana, dove aveva avviato un piano per rimuovere i sacchi neri dalle strade e introdurre cassonetti rigidi, in linea con gli standard di molte altre città americane.
La sua carriera è iniziata in modo piuttosto insolito: una telefonata, un colloquio con Ray Kelly, all’epoca commissario della polizia, e l’assunzione nel reparto antiterrorismo pochi anni dopo l’11 settembre. All’interno del NYPD, Tisch ha contribuito allo sviluppo del Domain Awareness System, una rete capillare di telecamere e software di riconoscimento facciale che ha trasformato la gestione della sicurezza urbana a New York. «Non ho mai pensato alla mia posizione come a un divario da colmare», ha detto al New York Times. «La vedo come una collaborazione basata sul rispetto reciproco».
Sotto la sua guida, la tecnologia resta al centro della strategia di controllo del territorio. Il quartier generale della polizia è costellato di monitor che trasmettono in tempo reale immagini da Times Square, Union Square, dalle telecamere dei ponti e dalle pattuglie. Ma se da un lato questi strumenti hanno aiutato le indagini, come nel caso dell’arresto del presunto assassino Luigi Mangione, dall’altro alimentano le critiche di chi denuncia una città sempre più sorvegliata.
Lontana dai toni concilianti, Jessica Tisch si è costruita una reputazione da manager esigente, talvolta autoritaria. Ex collaboratori la descrivono come dura, poco incline al compromesso, spesso impaziente. Una dirigente ha raccontato di essere stata emarginata dopo essere stata invitata a non parlare più durante le riunioni. «Mi aspetto che chi lavora con me sia preparato e appassionato», ha replicato la commissaria. «Chi ha queste qualità di solito si trova bene. Gli altri, forse meno».
Anche all’interno del dipartimento il suo stile divide. I sindacati lamentano una gestione troppo rigida della disciplina e una riduzione degli straordinari. Ma c’è anche chi apprezza la sua capacità di portare ordine in un contesto segnato da anni di instabilità. «Tiene tutti sotto controllo, indipendentemente dal grado», ha detto Scott Munro, presidente del sindacato dei detective. «Ma la pressione sta facendo aumentare le dimissioni».
Le simpatie per una sua eventuale candidatura a sindaco continuano a circolare, alimentate anche da editoriali che la paragonano a Michael Bloomberg. Lei non conferma né smentisce: «Sono una servitrice dello Stato, non una politica». Eppure il nome resta in lista tra i papabili successori di Adams, oggi politicamente indebolito e recentemente salvato da un intervento del Dipartimento di Giustizia sotto l’amministrazione Trump.
Figlia di Merryl Tisch, ex presidente del Board of Regents dello Stato di New York, e nipote di Sylvia Hiat, insegnante e preside, Jessica ha imparato il valore del lavoro fin da giovane. Da bambina ha convissuto con una forma grave di artrite, che ancora oggi le impedisce di girare il collo. Durante gli anni ad Harvard, dove era timoniera nella squadra di canottaggio, si era fatta installare un sistema di specchi per ovviare al problema. «Non ho mai potuto girare la testa», ha detto. «Quindi ho imparato a far girare la barca».