Verso un nuovo linguaggio del vino

Lo storytelling che cambia la storia del vino

Il vino cambia, evolve, si trasforma. Ma, soprattutto, cambia il modo in cui viene raccontato. A rivelarlo è un’indagine condotta dal centro studi dell’agenzia PR Comunicare il Vino, coordinata dal semiologo Elvio D’Ancona, che ha esplorato come sta mutando la percezione del vino e il linguaggio ad esso associato, tra generazioni sempre più distanti per gusti, valori e abitudini.

Lo studio, realizzato tra l’autunno 2023 e l’inizio del 2024 su un campione di 217 persone e attualmente in fase di ulteriore elaborazione, offre uno spaccato interessante su come il consumo e il racconto del vino stiano attraversando una fase di transizione. I dati parlano chiaro: se da un lato il vino resta un caposaldo della cultura italiana, dall’altro il rapporto con esso si fa sempre più sfumato tra i giovani, che tendono a vederlo più come simbolo identitario che come abitudine quotidiana.

Generazioni a confronto: il vino tra cultura e discontinuità

La ricerca evidenzia una progressione netta nei consumi: tra i 56 e i 65 anni si registra il picco con una media annua di 46,63 litri, mentre i giovanissimi (18-25 anni) si fermano a 18,42 litri. Più che un disinteresse, emerge una diversa modalità di approccio: il vino rimane un elemento culturale, ma viene vissuto con una distanza maggiore, quasi delegando il compito della sua custodia culturale alle generazioni precedenti.

Una delle trasformazioni più evidenti riguarda il linguaggio. Se per i consumatori maturi la comunicazione del vino passa attraverso un lessico tecnico e descrittivo – terroir, affinamento, struttura – le nuove generazioni chiedono un linguaggio più immediato, emozionale, narrativo. Vogliono storie, sensazioni, connessioni emotive. E questo spostamento apre scenari interessanti per chi lavora nella comunicazione e nel marketing del settore: non basta più descrivere un vino, bisogna raccontarlo.

Lo studio mostra anche un’attenzione crescente verso strumenti digitali come canale privilegiato d’informazione. I giovani cercano note di degustazione e dettagli sulla storia del produttore o della cantina, segno che la componente narrativa – quando ben integrata nella dimensione digitale – diventa veicolo di autenticità e valore aggiunto.

Un’occasione per ripensare il dialogo con il pubblico perché il mondo del vino si trova oggi davanti a una sfida cruciale: parlare linguaggi diversi senza perdere identità. Adattare la comunicazione alle nuove sensibilità generazionali, senza tradire la profondità culturale del prodotto, potrebbe rappresentare la chiave per rafforzare il legame tra tradizione e futuro. Perché il vino, in fondo, è prima di tutto un racconto. Ma ogni racconto ha bisogno di parole nuove per continuare a vivere.

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Antonella Gramigna

Giornalista toscana con esperienza nel settore enogastronomico, luxury brand e politica internazionale. Laureata in Scienze della Comunicazione e con un Master in Comunicazione Politica e un Master in orientamento e promozione alla salute, promuove il Made in Italy e collabora con gli Stati Uniti. Scrive per stampa e web, con focus sull’atlantismo.

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