Roberta Marini-De Plano è la Presidente della delegazione di New York dell’Accademia Italiana della Cucina. L’abbiamo intervistata per farci raccontare la mission della delegazione e le iniziative che porta avanti per esaltare e diffondere l’eccellenza culinaria del Made in Italy.
L’Accademia Italiana della Cucina è stata fondata nel 1953 con l’obiettivo di salvaguardare le tradizioni gastronomiche italiane. Quali sono le sfide principali che affronta oggi, in un mondo sempre più globalizzato e influenzato dalla standardizzazione alimentare?
Le sfide principali includono il mantenimento dell’autenticità delle tradizioni culinarie italiane, la promozione della cultura gastronomica regionale in un contesto di globalizzazione e la lotta contro la perdita di identità legata alla standardizzazione dei prodotti alimentari. Inoltre, c’è l’importante compito di educare il pubblico a riconoscere ed apprezzare il valore del patrimonio culinario italiano, evitando che venga confuso con imitazioni di bassa qualità.
Il Manifesto del Settantenario evidenzia l’importanza di combattere l’“Italian sounding” e difendere il Made in Italy. Come contribuisce la Delegazione di New York a questa missione?
La delegazione contribuisce organizzando degustazioni, collaborazioni con ristoranti autentici, promuovendo e valorizzando chi continua a lottare per introdurre l’utilizzo di materie di prima qualità e piatti della tradizione, anche presentate in modo innovativo per attirare un pubblico più giovane. Mantenendo rapporti con i media locali, le scuole e le istituzioni, aiutando a promuovere un’immagine corretta della cucina italiana e rafforzando il valore del Made in Italy sul mercato americano.
Tra gli obiettivi dell’Accademia c’è quello di valorizzare la cucina regionale legata al territorio e ai suoi prodotti tipici. Può raccontarci un esempio concreto di come questo principio viene applicato negli eventi della Delegazione di New York?
Noi organizziamo eventi conviviali diversi in cui esploriamo ristoranti regionali e le loro cucine. Uno dei tanti esempi è una cena Siciliana che abbiamo fatto da Norma dove abbiamo parlato della cucina tipica siciliana, focalizzandoci sul cous cous. Le sue origini, la sua evoluzione nella cucina locale a Trapani, l’utilizzo degli ingredienti, provenienti dall’Italia assieme al pesce fresco locale e la preparazione con dimostrazione dal vivo. La cucina regionale italiana può, laddove valorizzata, far breccia anche in America a patto di conoscere il mercato. Un elemento molto importante di cui tener conto è la resistenza sul territorio americano, specialmente in un mercato competitivo come quello di NY. Quando provi ad introdurre un nuovo piatto, è necessario avere coraggio e persistenza per continuare e mantenere l’obiettivo senza arrendersi. Qui in America dicono: “Where there is a will, there is a way”.
L’Accademia ha anche un ruolo culturale ed educativo: come promuove l’educazione alimentare, soprattutto tra le nuove generazioni, in un contesto come quello americano?
Lo facciamo attraverso diverse iniziative, come workshop pratici e collaborazioni con scuole e Università. Attraverso l’App dell’Accademia Italiana della Cucina, i social media e le piattaforme digitali. Con eventi comunitari, attraverso l’educazione sul Made in Italy e facendo leva su storytelling e tradizione. E poi c’è l’outreach mediatico, quindi interviste, come questa. Con un approccio interattivo e coinvolgente possiamo trasmettere alle nuove generazioni non solo conoscenze alimentari, ma anche il valore culturale che la cucina italiana rappresenta. “Mani in Pasta” ad esempio è stata un’iniziativa della nostra delegazione nella quale i commensali hanno partecipato alla creazione della mozzarella fresca e poi della pizza, sia con glutine che senza, studiando la storia di questi meravigliosi prodotti. Alla fine tutti hanno degustato il prodotto finito con grande soddisfazione. Abbiamo distribuito “goody bags” contenenti la ricetta e la farina per ripetere a casa l’esperienza vissuta. Anche nelle scuole facciamo la stessa cosa, spiegando l’importanza delle stagioni, della sostenibilità, della “cucina del riuso” e degli ingredienti e mostrandone l’utilizzo corretto con dei progetti da realizzare a casa, in famiglia o in compagnia.
La sua esperienza unisce le radici italiane a una forte educazione newyorkese. Come queste due identità si riflettono nel suo modo di guidare la delegazione?
Le due identità si intrecciano in modo naturale, combinando il rispetto per le tradizioni italiane che ho imparato sin da piccola e che ho nel sangue con l’energia e la multiculturalità tipiche di New York. Nella gestione della delegazione, questo si traduce in un approccio inclusivo e innovativo: da un lato preservo e promuovo le radici italiane, dall’altro adatto la comunicazione e l’organizzazione degli eventi alla diversità culturale della città. L’obiettivo è creare un ponte tra le due culture, rendendo accessibile la cucina autentica italiana a persone di ogni provenienza ed età, senza perdere l’essenza delle tradizioni.
Durante la pandemia, lei ha creato il format “Quarantine Cuisine”. Come è riuscita a mantenere vivo lo spirito di convivialità e tradizione in un momento così difficile?
“Quarantine Cuisine” l’ho creato quando sono stata eletta Delegato e volevo trovare un modo di adattarmi alle difficili circostanze. Abbiamo utilizzato tecnologie moderne, come Zoom e FedEx, per mantenere la continuità e un senso di comunità pur rispettando le distanze imposte. Così è nata “La Cena in Maschera”. Un pacco è arrivato a casa dei partecipanti con la cena tradizionale del Carnevale. Durante quel periodo avevano cancellato il Carnevale a Viareggio. L’Italia si era arresa, ma noi no! La scatola conteneva due antipasti, primi, secondi, dolce e una serie di maschere di carnevale. Era incluso anche il menù, assieme alla lista degli ingredienti usati e ai metodi di cottura. Tutto preparato da uno Chef stellato e coordinato via Zoom a più di 30 ospiti. Durante questo “tecno-conviviale” ci siamo collegati anche con la delegazione di Viareggio ed abbiamo parlato della storia del Carnevale: l’evento è stato accompagnato da video, musica e grafica e abbiamo approfondito la cultura dei dolci della tradizione della Versilia, sottolineando l’importanza del cibo e delle tradizioni come veicolo chiave per sentirsi connessi alle radici italiane, anche durante la crisi e l’isolamento.
Quali consigli darebbe a chi vuole avvicinarsi al mondo dell’Accademia e contribuire alla tutela della cucina italiana, sia in Italia che all’estero?
Consiglio di condividere questa passione con gli altri, magari attraverso la scrittura, l’organizzazione di eventi o sui social media. Ogni contributo, anche piccolo, è importante per mantenere viva la tradizione e diffondere l’amore per la cucina italiana. L’Accademia è sempre alla ricerca di persone che, con dedizione e rispetto, vogliano portare avanti questa missione. Un buon inizio sarebbe quello di venire e partecipare ai nostri eventi conviviali e visitare il nostro sito o l’App dell’Accademia Italiana della Cucina per informarsi di più.