Architectural Design Director alla Gensler, la società di architettura più grande al mondo, Pierluca Maffey vive negli States dal 2004 e ci ha accompagnato all’interno del grattacielo a misura d’uomo che ha progettato ad Atlanta. Ne abbiamo approfittato per farci raccontare il suo American Dream e la nuova concezione di spazio, sempre più inclusiva, del post-covid.
Pierluca, siamo curiosi. Come si arriva a progettare un edificio di uno skyline come quello che hai realizzato ad Atlanta?
Prima di tutto serve tanta ambizione: rinunciare ad alcune cose, puntando tanto su se stessi. Le opportunità in Italia adesso sono di più di quando me ne sono andato io nel 2004. Atlanta e un po’ tutta l’America hanno un’idea diversa dello spazio pubblico, che in verità è uno spazio privato; gestito privatamente dal proprietario dell’edificio.
Il concetto di partenza è quello di piazza italiana…
Sì, l’idea di creare uno spazio pubblico qui è nata perché proprio la strada accanto era quella più trafficata dai pedoni, quindi l’idea è stata di creare uno spazio pubblico aperto al centro, che equivale a un terzo di tutto il sito, e spingere tutto il parcheggio sotterraneo. In America il parcheggio è un must.
Quanto è importante progettare nella maniera giusta l’ambiente di lavoro?
È importante un ambiente dove poter star bene con gli altri durante la giornata, e dove non si è costretti a vivere la stessa esperienza ogni giorno così come si fa a casa. Con la stessa mentalità, riuscire a trovare spazi diversi dove durante il giorno, la settimana, il mese, si può andare per avere esperienze diverse, pur facendo lo stesso lavoro.
Questa situazione diventa fondamentale anche per la competitività di un’azienda?
Sì, la lobby stessa è concepita come una working zone. È un ambiente di lavoro anche nel momento in cui si arriva nell’edificio, a piano terra. Chiunque, passando per strada, se vuole incontrare qualcuno può farlo. C’è la presa elettrica e il wi-fi, basta portare il proprio notebook. Si può lavorare nella piazza adiacente in ognuna delle postazioni. L’edificio è stato concepito diversamente dagli altri: se si fa un edificio di 20 piani, la richiesta da parte di diversi committenti è di creare più terrazze, spazi all’aperto, proprio per avere quell’ambiente che durante il Covid abbiamo imparato ad amare. Per esempio, abbiamo una terrazza che ha una bellissima vista sulla città, su Georgia Tech, che abbraccia tutto il campus. È uno di quegli ingredienti che si è voluto posizionare dall’inizio dove giovani, studenti, imprenditori e professori possono incontrarsi. Di solito nell’edificio a uffici, poi, c’è la pianta con gli ascensori posizionati al centro, ma così facendo si vive sempre “intorno”. In questo caso noi abbiamo messo tutti gli ascensori nell’angolo di questa pianta a “L”. Le piante sono totalmente aperte e si vede da parte a parte dell’edificio. Chi affitta un intero piano, ha una terrazza sulla città.
Com’è cambiata la progettazione degli ambienti di lavoro dopo il Covid?
La richiesta adesso è di integrare questi spazi di “collaborazione” negli ambienti di lavoro. Dove prima si diceva “mi servono venti postazioni con venti desk, venti computer, una sala, ecc.”; tutto questo adesso si riduce a venti sedute che possono essere una scrivania o un divano o un tavolo comune vicino alla cucina… Il concetto è avere una flessibilità degli spazi, dove l’importante è collegarsi con gli altri, non esser seduti alla scrivania. Così come lavorare all’esterno: prendere il sole e lavorare si può fare; è stato fatto a casa per due anni, si può fare anche adesso. Abbiamo usato un vetro elettrodinamico per la costruzione dell’edificio, per evitare di surriscaldare l’ambiente, e la scala è una scultura che invoglia a salire e permette uno sguardo ampio sugli ambienti, nonché di parlare con chi è al piano inferiore. L’entrata, infine, è resa molto visibile, orientandosi verso la stazione della metropolitana.
Che consigli dai a un manager, magari in una fase avanzata della carriera, che vuole provare a fare questo salto nel mondo americano per trovare impiego?
Il lavoro qui è tantissimo e serve tanta gente di talento; ma tanta, tanta, tanta. Il consiglio principale è andare sui siti delle aziende, vedere quel che fanno e proporre domanda di ammissione. Però una cosa voglio dirla: “Vai, gira il mondo, per poi riscoprire che l’Italia è bellissima”.